Le auto di lusso sono il futuro italiano? – Campanili n. 20
Lamborghini è un esempio virtuoso, ma è difficile che possa diventare un modello per l’industria automotive italiana, con Stellantis in profonda crisi
La sensazione immediata è di trovarsi all’interno di un gigantesco orologio svizzero, dove ogni cosa è al suo posto e scatta con precisione millimetrica. Lo stabilimento di Lamborghini a Sant’Agata Bolognese, a quaranta minuti dal capoluogo emiliano, si estende su circa 350 mila metri quadrati, la gran parte dei quali è destinata alla produzione di auto. È qualcosa di simile a una piccola città, le strade hanno una toponomastica identica a quella di un piccolo comune, con una particolarità: tra i diversi capannoni e uffici sono parcheggiate decine di Lamborghini, alcune completate, altre in fase di rifinitura.
Nel capannone principale si osserva la catena di montaggio dall’alto, da una stanza che l’azienda utilizza per eventi e conferenze stampa: dalle enormi vetrate si scorgono una trentina di postazioni, in ognuna delle quali lavorano circa tre operai specializzati. Le auto in assemblaggio arrivano sul loro rettangolo e vi restano per il tempo necessario a portare a termine un determinato passaggio, che può essere il montaggio della plancia, la regolazione delle viti degli sportelli, il controllo dei sedili. Ho pensato subito all’orologio svizzero anche per gli enormi timer posti al centro dei corridoi che dividono le file e scandiscono l’intervallo di tempo a disposizione di ogni postazione per portare a termine il lavoro, e poi trasferire l’auto a quella successiva.
La fabbrica tiene insieme l’automazione, che permette lavorazioni precisissime e rapide, con la capacità artigianale dettata da operai iperspecializzati che lavorano in catena di montaggio. La cura maniacale del dettaglio, per delle auto che costano da 250 mila euro in su, è inevitabilmente parte dell’identità del marchio. Tutto ciò che Lamborghini produce direttamente è realizzato a Sant’Agata Bolognese, e i fornitori esterni sono limitati al minimo, proprio per mantenere alti gli standard qualitativi.
Affermare che attorno alla nascita della Automobili Lamborghini ci sia una sorta di leggenda è forse troppo, ma l’azienda e il suo fondatore hanno alimentato negli anni una certa aneddotica familiare a tante altre storie nel paese dei campanili. Nel secondo dopoguerra, il tecnico industriale Ferruccio Lamborghini, forte della grande esperienza nella riparazione di motori acquisita nell’esercito italiano durante il conflitto, capisce che il paese avrà bisogno di macchine per rafforzare la sua economia. Così, si lancia con un certo successo nella produzione di trattori, la sua attività principale, ma anche di caldaie e condizionatori, costruendo un’azienda solida e riconosciuta. Alla fine degli anni Cinquanta, colui che era solo un figlio di agricoltori poverissimi si ritrova con un certo patrimonio a disposizione e, da appassionato di automobili, decide di comprare diverse macchine sportive, tra le quali anche le più iconiche del momento, prodotte a pochi chilometri dalla sua azienda, a Maranello: due Ferrari 250 GT.
Lamborghini però non è soddisfatto dell’acquisto: considera le Ferrari troppo rumorose e poco curate negli interni, e soprattutto con una frizione non all’altezza. Secondo la versione poi raccontata al quotidiano La Nuova Ferrara dal collaudatore storico della Lamborghini, Valentino Balboni, il fondatore decide di rivolgersi direttamente a Enzo Ferrari, suo conoscente: “Ferruccio si divertiva a sgommare. Possedeva due Ferrari identiche e più di una volta ha rotto la frizione. Dopo aver sborsato fior di quattrini per ripararle a Maranello, un giorno – dopo l’ennesimo guasto – ne portò una nella sua officina [...] La frizione che si rompeva era identica a quella che montava sui suoi trattori. Ferruccio andò su tutte le furie: ‘Spendo una fortuna per un’auto fatta con i miei pezzi!’”. Alle critiche, Ferrari pare abbia risposto in modo piuttosto tranchant: “La macchina va benissimo. Il problema è che tu sei capace di guidare i trattori e non le Ferrari”. Una ricostruzione smentita da Ferrari, che ha sempre negato che questa conversazione abbia mai avuto luogo. Ma sappiamo come nascono queste leggende campanilistiche.