Il borgo che aspettava il Papa – Campanili n. 34
Turisti che sperano di incontrarlo nei giardini, ristoratori divisi tra orgoglio e disagi, strade chiuse e finestre che si affacciano sull’Angelus: Castel Gandolfo è di nuovo al centro del mondo
“Ma ce lo fanno vedere?”. Michela Guglielmi scoppia a ridere mentre lo racconta: “Erano turisti stranieri, molto gentili. Mi hanno chiesto se facendo il giro dei giardini si potesse incontrare il Papa. Come se fosse parte del pacchetto”. A Castel Gandolfo, da qualche settimana, si torna a prenotare all’ultimo minuto, si chiede di Leone XIV come si farebbe con una celebrità in vacanza. “Il primo weekend c’è stato un po’ di caos organizzativo”, ammette Michela, che lavora all’hotel Gandolfo, a pochi passi dalla strada principale del borgo.
Dopo dodici anni di assenza di un Papa, Leone XIV ha deciso di tornare a Castel Gandolfo per la pausa estiva. Il 13 luglio si è affacciato per il suo primo Angelus dalla residenza papale, dove è rimasto per due settimane. Il paese è stato preso d’assalto dai fedeli: molte strade sono state chiuse, non era permesso nemmeno il passaggio a piedi, alcuni ospiti degli alberghi sono rimasti bloccati per ore. Caos, sì, ma benvenuto, continua Michela: “Era la prima volta dopo tanto tempo. La comunicazione è stata un po’ confusionaria, alcuni ospiti sono stati bloccati senza poter raggiungere l’albergo o senza riuscire ad andare alle loro auto. Però, a parte questo… tutto bene. Non ce l’aspettavamo tutta questa gente. E adesso stanno già arrivando prenotazioni per la seconda domenica”.
Arrivo il mercoledì dopo il primo Angelus. In condizioni normali, Castel Gandolfo sarebbe un piccolo borgo sonnacchioso: siamo fuori dall’alta stagione del turismo romano, quella che finisce a giugno e riprende a metà settembre. Eppure c’è movimento. Turisti, forze dell’ordine, giornalisti, gente del posto affacciata ai balconi. Si capisce subito che qualcosa è cambiato, dai manifesti bianchi e gialli che spuntano già lungo le strade che costeggiano le mura antiche: “Benvenuto Papa Leone” accompagna il cammino di ogni visitatore. Il Papa è tornato, e il paese – che per dodici anni ha avuto solo il palazzo, ma non il suo inquilino – si rimette in moto.
Me ne accorgo già prima di arrivare. Appena lascio l’Appia e comincio a salire verso i Castelli, tutto cambia. L’aria si fa più fresca, tre o quattro gradi in meno, il cemento della città cede il passo a strade di campagna che attraversano i boschi, e poi alla pietra dei sampietrini: il lago Albano si stende sotto il paese, affacciato su una conca verde e profonda che sembra fermare il tempo. Le case sono color pastello, i vicoli disegnano curve irregolari, dalle strade lastricate si intravede l’azzurro del lago. È un paese da cartolina, ma vissuto, non finto come altri borghi celebri soffocati dall’overtourism: le persiane chiuse contro il sole, i tavolini apparecchiati sotto gli ombrelloni, i negozi che vendono cappelli di paglia. Striscioni e cartelli danno il bentornato al “Santo Padre Leone XIV” anche nella piazza principale, e il ritorno del pontefice è l’argomento di conversazione dominante.