Lascito italiano – Campanili n. 16
Ambizioni, ricchezza, potere: perché le dinastie imprenditoriali d’Italia (tranne qualcuna) litigano sempre sulle eredità dei grandi patrimoni?
Cinque figli, due matrimoni e un terzo simulato, un impero stimato tra i 6 e i 7 miliardi di euro. Eppure, nemmeno una riga sui giornali riguardo a liti, rancori, dissidi. Alla stampa non è arrivato granché, nemmeno su eventuali differenze di vedute. Potrebbero esserci state, vista l’ampiezza degli interessi del gruppo, ma gli eredi di Silvio Berlusconi sono riusciti a tenerle ben nascoste. Oppure, cosa più probabile, era stato tutto stabilito molto tempo prima della morte dell’ex Presidente del Consiglio. Certo, sappiamo qualcosa sul legato di 100 milioni di euro lasciato a Marta Fascina, relativamente sopportata dai figli, abbiamo letto pezzi di colore sui 30 milioni lasciati a Marcello Dell’Utri, ma poco altro. È scontato contrapporre una tale lungimiranza per l’eredità familiare all’incapacità di trovare un erede in ambito politico: il Cavaliere non ha mai sciolto l’enigma della successione alla guida del partito, indicando e fagocitando Angelino Alfano, Giovanni Toti e Stefano Parisi, e rassegnandosi a lasciare Forza Italia nelle mani di Antonio Tajani, che più che un delfino è una sorta di commissario straordinario in attesa di un futuro ancora incerto. Nessuno alla sua altezza, ma forse perché, in fondo, il berlusconismo era Berlusconi e nient’altro.
E invece, Marina e Piersilvio – con Barbara, Eleonora e Luigi interessati a carriere diverse da quella nelle aziende di famiglia – appaiono scelte azzeccate, capaci peraltro di influenzare indirettamente la politica italiana attraverso il controllo de facto di Forza Italia, che sopravvive soltanto grazie alla linea di credito di un centinaio di milioni di euro garantiti da Fininvest. Silvio Berlusconi aveva il vantaggio di essere “morto” dal punto di vista imprenditoriale già negli anni Novanta, nella misura in cui aveva dovuto lasciare la gestione quotidiana dell’azienda ai figli per occuparsi d’altro, potendo dunque guardare e valutare i loro risultati e le loro capacità, affiancati da Fedele Confalonieri, amico e uomo di fiducia del fondatore del gruppo.