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L’Italia produce troppo vino? – Campanili n. 33

L’Italia produce troppo vino? – Campanili n. 33

Il primato produttivo italiano è diventato un problema: i consumi calano, l’export rallenta e il settore si interroga su come ridurre l’eccesso senza espiantare i vigneti

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Francesco Maselli
e
NightReview
lug 12, 2025
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L’Italia produce troppo vino? – Campanili n. 33
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In Italia abbiamo una certa propensione a celebrare i primati mondiali, spesso condita da retorica e fanfare. Ma non sempre essere i numeri uno porta benefici. La scorsa settimana, Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione Italiana Vini, lo ha detto chiaramente: “Facciamola finita con questa storia del primato produttivo dell’Italia nel vino. La leadership produttiva non è un primato, ma una iattura”. Le sue parole incrinano la narrazione trionfalistica, soprattutto da parte della politica, che accompagna da anni il settore e impongono una domanda più scomoda: ha ancora senso produrre così tanto vino?

Il mondo del vino italiano, e anche quello mondiale, sta attraversando un periodo di profondo cambiamento. In primo luogo, i consumi sono in calo da anni, un vero e proprio stravolgimento culturale, prima ancora che industriale: infatti, dall’Unità d’Italia fino agli anni Settanta, la quantità di vino consumata in Italia è stata piuttosto stabile, intorno ai 100 litri pro capite ogni anno; oggi, invece, gli italiani ne bevono circa 37 litri l’anno, come i francesi. Ma è un calo che riguarda tutto il mondo occidentale.

Il problema non è solo la quantità, ma anche il profilo di chi consuma. Una ricerca dell’Osservatorio italiano del vino, basata sui dati di otto paesi, mostra come la curva demografica stia riscrivendo le regole del gioco. Negli anni Novanta, over 65 e under 25 erano in equilibrio; oggi, i primi rappresentano il 30 per cento dei consumatori, i secondi solo il 13. In Italia, questo processo è ancora più evidente, e le conseguenze sono già visibili.

Fonte: Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino

Anche la produzione mondiale è in calo: nel 2024 si sono registrati 225 milioni di ettolitri, il 12 per cento in meno rispetto alla media 2019–2023, quando invece i volumi crescevano. Ma il taglio dell’offerta è stato più lento rispetto al calo della domanda, in atto da tempo. Uno squilibrio che colpisce i principali produttori: secondo lo studio dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, nel 2024 l’Italia ha prodotto il 19,5 per cento del vino mondiale, davanti a Francia (16 per cento) e Spagna (13,7 per cento).

“Abbiamo sempre celebrato il fatto di essere il primo produttore di vino per quantità”, racconta Jacopo Cossater, giornalista e profondo conoscitore del settore, “ma non è sinonimo di produzione di valore. I francesi sono primi per valore, e con distacco”. Il calo dei consumi, osserva, ha cause sfaccettate: “I giovani bevono meno, ma non solo. La generazione che ha trainato i consumi, i baby boomer, sta smettendo di bere; c’è più sensibilità sull’alcol, più attenzione all’alimentazione. E poi ci sono le alternative: gli hard seltzer, il mondo delle bevande analcoliche evolute, la birra. A ciò si aggiunge l’inflazione”.

In breve: il vino non si vende più come prima.

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