La nuova geografia della fede cattolica – Campanili n. 28
Papa Francesco ha spostato il centro di gravità della Chiesa oltre l’Occidente per conservarne l’influenza. Il suo successore dovrà capire come tenere unita una Chiesa globale in un mondo diviso
Questa newsletter si chiama Campanili perché nasce con l’ambizione di raccontare l’Italia dai suoi margini: territori meno visibili, periferie sociali, geografiche e culturali; ma anche dai suoi molteplici centri di potere, economici e politici. Per capire davvero il nostro paese, però, è necessario a volte allargare lo sguardo, superare i confini, osservare i suoi legami con il mondo, le sue proiezioni esterne, importanti tanto quanto le connessioni interne rappresentate proprio dai campanili. Pochi spazi raccontano questa doppia natura meglio del Vaticano.
Il cattolicesimo è nato a Roma e vi ha stabilito il proprio centro formale, ma non si è mai pensato come una religione nazionale. Fin dalle origini si è definito universale con l’obiettivo di evangelizzare terre lontane, popoli e culture estranee; un progetto importante tanto quanto l’enorme influenza che il Papa ha esercitato sulle nazioni occidentali – e sull’Italia in particolare. Questo equilibrio tra radici italiane e vocazione globale è sempre stato il cuore, e talvolta il paradosso, della Chiesa.
Con il papato di Francesco, però, questo equilibrio ha cominciato a spostarsi. Non più un centro che guarda al mondo per evangelizzarlo, ma una rete di periferie che riorientano il centro stesso. Al di là delle opinioni sullo stile, le riforme interne o le posizioni politiche dell’ultimo Papa, è forse questo il suo lascito più profondo: essere stato il primo pontefice post-occidentale, più interessato all’Africa e soprattutto all’Asia che non alle nazioni tradizionali, dove la religiosità è in declino.
Fin dall’inizio, il Papa venuto “quasi dalla fine del mondo” ha cercato di ridisegnare la mappa del potere ecclesiale, scegliendo luoghi, figure e simboli che rovesciassero la prospettiva abituale. “Una cosa è osservare la realtà dal centro, un’altra è guardarla dall’ultimo posto dove tu sei arrivato. Un esempio: l’Europa vista da Madrid nel sedicesimo secolo era una cosa, però quando Magellano arriva alla fine del continente americano, guarda all’Europa dal nuovo punto raggiunto e capisce un’altra cosa”, ha affermato Francesco nel 2015 a una rivista argentina. Un vero e proprio programma politico, che ha cercato di mettere in pratica per tutto il suo pontificato.
Spostare il centro di gravità della Chiesa oltre l’Occidente è probabilmente una scelta necessaria per conservarne l’influenza globale. Francesco – e con lui una parte della Curia – era convinto che questa influenza potrà sopravvivere solo se la Chiesa non verrà più percepita come una costola del mondo occidentale. Il mondo è cambiato, e con esso anche la geografia della fede.




