L’ufficio presagi nell’èra del cambiamento climatico – Campanili n. 9
Dati, algoritmi e persone che prevedono il futuro, e che tempo farà domani
Ogni giorno, a pochi chilometri da Roma, un ristretto gruppo di persone prevede il futuro, con metodo scientifico, lavorando in una città in miniatura dove i rumori dei jet in decollo e in atterraggio scandiscono le ore e i minuti: quello di Pratica di Mare è tra i più ampi aeroporti militari d’Europa. Il loro ufficio è il Centro Nazionale di Meteorologia e Climatologia Aerospaziale, o per dirla in modo più semplice il servizio meteo dell’Aeronautica militare, nato quasi cent’anni fa, nel 1925, con un nome particolarmente suggestivo: “ufficio presagi”, incaricato di fornire informazioni metereologiche principalmente alle forze armate e, nello specifico, alla neonata Aeronautica. Da allora la meteorologia si è avvicinata sempre di più a una scienza esatta: “Abbiamo compiuto dei passi da gigante relativamente in poco tempo, oggi i nostri modelli matematici sono avanzati, le previsioni sempre più accurate: guadagniamo circa un giorno di accuratezza ogni dieci anni”, mi spiega il tenente colonnello Guido Guidi, capo sezione coordinamento editoriale del Centro.
L’utilizzo delle previsioni che l’Aeronautica mette a disposizione dipende dal destinatario: c’è il pubblico generalista che consulta il meteo sulle app, ma esistono tante istituzioni che hanno bisogno di informazioni più specifiche, in primis la navigazione aerea militare e civile. Anche la Protezione Civile e le forze armate dipendono dall’accuratezza del lavoro dei militari-scienziati del servizio meteorologico, circa 600 persone in totale, 120 acquartierate a Pratica di Mare, il resto negli altri enti e reparti con mansioni di meteorologia sparsi sul territorio nazionale, come le stazioni di osservazione, gli aeroporti e i centri di sperimentazione e ricerca. Il centro ha un suo studio televisivo, accordi con la Rai e altri canali che ospitano spesso i militari per spiegare e raccontare le previsioni del tempo, segno di una particolare attenzione ai media. L’app e il sito meteoam.it sono ormai parte della vita quotidiana di molti italiani.
Alessandro Fuccello è il responsabile del controllo qualità del servizio: di grado tenente colonnello, è l’ufficiale incaricato di valutare l’attività del CNMCA, a stretto contatto con i meteorologi che sviluppano concretamente le previsioni. Lo incontro nel suo ufficio, una stanza meno spoglia di quanto mi aspettassi, con qualche foto di famiglia, oggetti decorativi legati all’Aeronautica, molte, moltissime carte, e naturalmente il computer. Mi spiega come funziona il sistema pubblico di monitoraggio del tempo: “Noi siamo uno dei centri del sistema italiano di mitigazione del rischio: diamo le nostre idee sull’evoluzione del tempo da 0 a 72 ore, e poi la Protezione Civile decide l’emissione delle allerte e dei colori, giallo, arancione e rosso, sulle regioni italiane. In questi processi il fattore meteorologico è fondamentale ma non unico”. La Protezione Civile si confronta con i geologi, che conoscono le condizioni dell’ambiente interessato da una previsione, e con gli ingegneri idraulici, che valutano l’impatto dell’evento sulle infrastrutture: “Per me 80 millimetri di pioggia in 24 ore rappresentano un evento forte, intenso, 20 millimetri no. Ma il geologo può valutare che in un suolo già saturo di precipitazioni, come il nord Italia quest’anno, anche 20 millimetri possono creare problemi, e dunque la Protezione Civile si comporterà di conseguenza. Magari decine di chilometri a valle ci sarà il sole, ma se gli argini sono a rischio è probabile che si dirami l’allerta anche lì. Noi in queste valutazioni non entriamo”.