Campanili

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La nuova geografia di un’Italia che tramonta – Campanili n. 37

Documenti ufficiali ammettono che parte delle aree interne è destinata al declino. Ma la demografia non è neutra: grandi città crescono e la distanza tra i due mondi ridisegna la geografia del paese

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Francesco Maselli
e
NightReview
set 28, 2025
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All’inizio non si nota nulla, o quasi. I paesi sembrano uguali a se stessi, le abitudini cambiano lentamente, i segnali sono contraddittori. Poi, a poco a poco, emergono i dettagli: una scuola chiude, l’autobus passa meno spesso, la posta riduce gli orari, il parroco non è più una presenza fissa, il bar non ha quasi più clienti. È così che il cambiamento demografico si manifesta: in silenzio, quasi impercettibile, fino a quando diventa impossibile ignorarlo. E anche i documenti ufficiali lo registrano. Nel Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2021–2027, approvato dal governo lo scorso aprile, si legge che per una parte di questi territori “non può porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza”. Non parliamo di tutti i quasi quattromila comuni classificati come aree interne, ma di una quota non trascurabile: comunità troppo piccole per sostenersi da sole, con prospettive di sviluppo pressoché nulle e condizioni di attrattività ridotte al minimo.

Il lessico è limpido nella sua durezza. Non si parla di ripopolamento, come facevano alcuni piani del passato e come provano a fare altri paesi dell’Unione europea, in particolare la Spagna, ma, secondo un allegato curato dal demografo Alessandro Rosina, di “accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”, con l’impegno a renderlo “socialmente dignitoso” per chi ancora vi abita. È una svolta concettuale: un documento dello Stato italiano riconosce che esistono luoghi che non rientrano più nella traiettoria della crescita e che la politica, più che rilanciarli, deve gestirne il declino. Concretamente, dove la situazione appare irreversibile, l’obiettivo diventa garantire scuole, ambulatori, trasporti minimi con misure piccole e mirate – servizi condivisi tra comuni, bar trasformati in sportelli civici, connessioni digitali potenziate – coordinate da una Cabina di regia centrale che sopperisce alle fragilità amministrative locali.

Una presa d’atto che ha suscitato proteste da parte dell’opposizione, dei sindaci delle comunità più periferiche, e soprattutto della Chiesa: 135 vescovi italiani, riuniti a Benevento dal cardinale Matteo Zuppi, hanno indirizzato a Giorgia Meloni e al Parlamento una lettera-appello, parlando apertamente di “suicidio assistito” per le aree interne, di un vocabolario “inaccettabile” da parte del governo, accusato di evocare una strategia di “abbandono terapeutico”. Una critica che però si scontra con il fatto che proprio la Chiesa, forse la realtà privata più radicata sul territorio nazionale, sta incontrando enormi difficoltà nel mantenere una presenza diffusa nelle zone più fragili, come abbiamo già raccontato su Campanili.

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