Potere, con Antonio Funiciello – lessico di Campanili #6
Le decisioni dei leader nascondono liturgie, luoghi, metodi. Cosa c’è dietro le quinte, raccontato da uno dei principali consiglieri politici italiani
Per il filosofo Machiavelli, chi lo possedeva era tenuto a conservarlo anche usando la violenza, la frode o l’inganno. Oggi, nelle democrazie occidentali rappresenta un’entità complessa fatta di sfere di influenza, flussi di informazioni e persone.
Potere è la parola che abbiamo scelto il sesto episodio del podcast lessico di Campanili.
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Quella che segue è una trascrizione della conversazione, modificata per ragioni di lunghezza e chiarezza.
Laura Cappon
Francesco, abbiamo scelto la parola “potere” perché nell’ultima newsletter sei partito dalla campagna elettorale per le prossime elezioni Europee, raccontando come l’opinione pubblica italiana sia ormai sempre più statica e immobile, anche a causa del calo demografico. Siamo davanti a una società che invecchia, dove la politica e il potere devono essere rassicuranti e non ambire quasi più al cambiamento. Da dov’è partita questa tua riflessione?
Francesco Maselli
Sono partito dai manifesti che vediamo per le nostre strade, in particolare da quello di Forza Italia: Berlusconi è morto da un anno, ma è immortalato in tutti i cartelloni elettorali accanto a Tajani, e il suo nome è ancora ben visibile sul simbolo che troveremo in cabina. Soprattutto mi ha colpito lo slogan, “una forza rassicurante”. Ho pensato che soltanto in un paese in declino demografico, con una popolazione molto anziana, si può pensare che una forza rassicurante possa essere un valore da mettere così in evidenza, tanto da inserirlo all’interno dei manifesti e quindi di farne il principale slogan elettorale. È indicativo di quanto l’invecchiamento della popolazione stia influenzando l’immaginario dei partiti politici, e lo farà sempre di più.
Laura Cappon
In questo episodio abbiamo deciso di approfondire la parola “potere” con Antonio Funiciello, un professionista della comunicazione che vanta una lunga esperienza proprio nelle stanze del potere italiano. Tra le tante cariche che ha ricoperto è stato capo dello staff di Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi tra il 2016 e il 2018 e poi capo di gabinetto durante la presidenza del Consiglio di Mario Draghi tra il 2021 e il 2022.
Francesco Maselli
Comincerei da una domanda semplice sul tema che abbiamo scelto oggi, così lo inquadriamo. Cos’è il potere in Italia? Chi sono i soggetti che lo compongono? Dov’è il potere?
Antonio Funiciello
Direi che il potere è innanzitutto uno strumento fondamentale di azione di policy, cioè la policy del potere esecutivo non avrebbe nessun tipo di possibilità di intervenire e modificare le cose se non potesse poggiare sul potere come strumento, come leva, come mezzo. Però il potere non è soltanto strumento, mezzo, leva, ma è anche l’ambiente nel quale la politica agisce, perché il potere politico istituzionale agisce in un contesto di poteri, economici, culturali, sociali. Ha forse più senso, effettivamente, utilizzare il plurale, perché così si evita di assolutizzarlo, e si è più precisi, si coglie meglio la complessità della parola, che è strumento e ambiente allo stesso tempo.
Laura Cappon
Tu hai lavorato con Gentiloni e Draghi in due momenti diversi della storia italiana. Che differenze noti tra le due esperienze?
Antonio Funiciello
Ho lavorato in un governo di chiara espressione politica, perché quello guidato da Paolo Gentiloni era un governo di centrosinistra, classicamente inteso, con una maggioranza un po’ più ampia perché comprendeva anche un pezzetto di ex centrodestra. Invece quello di Mario Draghi era un governo di unità nazionale, nella misura in cui tutte le forze del Parlamento, o quasi tutte, ne facevano parte. Peraltro, anche l’unica forza politica che restò fuori, e parlo di Fratelli d’Italia, con l’invasione dell’Ucraina diventò un soggetto molto importante per l’azione di governo.
Il tratto comune, tuttavia, è il rapporto con il tempo. Il potere esecutivo, per come è concepito in Italia, ma comunque non dissimile dalle altre cancellerie di regimi parlamentari europei, ha un rapporto estremamente stringente con la realtà, con quello che si muove nel paese. Mentre gli altri poteri dello Stato hanno un rapporto con la realtà e col tempo molto più rilassato. Il grande limite italiano è che i soggetti che devono costruire una relazione, un rapporto stringente tra chi detiene il potere esecutivo e la società sono in una fase di crisi profonda. Parlo dei partiti politici, naturalmente.
Francesco Maselli
La specificità italiana rispetto agli altri paesi europei è la demografia, che si riflette anche sull’emersione di nuove leadership e di nuovi linguaggi. Negli anni Dieci, abbiamo avuto due grandi fenomeni, Matteo Renzi e il Movimento 5 stelle, che hanno scosso il panorama politico: oggi sarebbero possibili esperienze simili o la società è ormai troppo anziana per tollerare proposte di rottura profonda dello status quo?
Antonio Funiciello
Credo siano vicende differenti, perché Renzi comunque è emerso attraverso un conflitto, ma d’altronde la leadership si forma nel conflitto, in un contesto che definirei tradizionale. Era un dirigente politico, aveva fatto il sindaco di una città importante del centrosinistra, e decide di fare il salto nazionale sfruttando il partito e il meccanismo delle primarie. È un percorso interno a una forza politica. Invece il Movimento 5 Stelle è un’esperienza di maggiore rottura dello status quo, secondo me molto più originale del percorso renziano, che è stato particolarmente veemente nelle sue forme, ma dentro un contesto che in qualche modo l’ha inglobato. L’attuale esperienza di governo è, invece, effettivamente molto ordinata, perché sebbene la premier sia una donna molto giovane, la coalizione al potere è tale da trent’anni, rappresenta una continuità e non una rottura. Bisognerà capire come funziona per individuare che evoluzioni ci saranno nel quadro politico e che tipo di offerta si produrrà rispetto a una domanda che al momento non è ancora chiara.
Laura Cappon
Hai parlato di Renzi, dell’ascesa dei 5 stelle, poi recentemente negli ultimi anni in Italia c’è stata anche l’ascesa della Lega, poi quella di Fratelli d’Italia. Pensi che l’elettorato si stia polarizzando? Questa domanda vale sia per l’Italia che per tutto il continente europeo.
Antonio Funiciello
Sì, l’elettorato è iperpolarizzato in Occidente, questo devo dire che è un elemento decisamente internazionale. Nelle mie esperienze fatte con due presidenti del Consiglio, essendomi occupato anche tanto di politica estera, ho notato quanto la polarizzazione degli elettorati avesse un’incidenza anche nelle dinamiche di politica internazionale. L’incidenza varia da paese a paese, ma è una costante, è un elemento che pesa nei comportamenti del potere esecutivo nei contesti democratici. Un elettorato più polarizzato è più esigente nel riscontro immediato dell’azione di governo, e quindi pesa sicuramente nella costruzione dell’agenda politica, nella definizione delle priorità. I paesi che hanno un sistema dei partiti robusto, storicamente determinato, riescono con qualche argomento in più e qualche strumento in più a canalizzare le spinte della società in un sistema istituzionale a esso connesso. In situazioni in cui il sistema dei partiti è più fragile, chiaramente, questo lavoro diventa molto più complicato.
Francesco Maselli
Il sistema dei partiti italiano sembra negli ultimi anni molto improntato al leaderismo, e si critica spesso il decisionismo di chi arriva a Palazzo Chigi. È accaduto con Renzi, poi con Conte, oggi infine con Meloni. D’altro canto, tutti i presidenti del Consiglio ripetono di non avere poteri a sufficienza, di guidare una struttura debole, di non avere attribuzioni all’altezza dei loro omologhi. Dov’è la verità?
Antonio Funiciello
Dunque, il potere ha una sua forma, o meglio, il potere ha le sue forme, e la prima a cui pensiamo è quella istituzionale, che è molto importante, perché condiziona il potere nel suo esercizio, addirittura secondo me lo condiziona nella sua identità e poi nel suo esercizio. Semplifico, l’Eliseo non è Palazzo Chigi, un sistema presidenziale non è un sistema parlamentare, ci sono delle differenze profonde: la presidenza del Consiglio è sicuramente, nel confronto con le cancellerie cugine europee, quella istituzionalmente più debole. Il primo ministro italiano è oggettivamente quello che ha meno poteri rispetto ai suoi cugini che si muovono in regimi parlamentari come quello spagnolo, tedesco, britannico. Tuttavia, la presidenza del Consiglio si è comunque rafforzata negli ultimi anni grazie alla governance internazionale, la governance comunitaria: il presidente del Consiglio italiano siede nel Consiglio europeo accanto ai suoi colleghi europei. Quanto influisce che la presidenza del Consiglio sia un’istituzione più fragile rispetto alla cancelleria tedesca? Poco, perché il presidente del Consiglio in quel contesto svolge la stessa funzione del cancelliere tedesco.
Sostanzialmente la presidenza del Consiglio è cresciuta di potere, ma questo è accaduto anche a tutto il governo, tutto l’esecutivo, perché per esempio un’altra struttura istituzionale che si è molto rafforzata è il ministero dell’Economia. Il ministro partecipa all’ECOFIN, un organo internazionale molto importante a cui sono stati delegati dei poteri, e poi aumentati durante il Covid e con il Next Generation EU.
Francesco Maselli
Però non ci sono rafforzamenti legislativi o comunque di quel tipo lì, è un rafforzamento nei fatti? O è stato anche fatto qualcosa di concreto?
Antonio Funiciello
Be’, in realtà poi dei piccoli accorgimenti sono stati fatti, però i cambiamenti sostanziali sono sempre più significativi di quelli formali, che restano potenziali perché poi vanno messi in pratica. Qui si è prodotto un rafforzamento dell’esecutivo proprio nel contesto della governance comunitaria e anche della competizione che ha innescato la governance comunitaria tra esecutivi europei. Questa cosa è già successa e non si torna più indietro perché l’integrazione andrà avanti e questa competizione, definiamola così, virtuosa tra esecutivi necessariamente rafforza il presidente del Consiglio, il ministro dell’Economia, l’esecutivo in toto. Lo rafforza in relazione a un contestuale indebolimento, che è quello del Parlamento e del potere legislativo, nella fase attuale meno rilevante in ragione di quello che ho appena spiegato.
Laura Cappon
Hai scritto molti libri e spesso si sono concentrati su grandi personalità della politica, però visti i ruoli che hai ricoperto negli anni, ti chiedo: quando si sta al comando quanto contano le persone che stanno dietro a chi comanda, quanto contribuiscono al loro successo?
Antonio Funiciello
Dunque, al di là del fatto che bisognerebbe chiederlo alle persone con cui ho lavorato, credo che la funzione di staff sia essenziale. Machiavelli spiegava ne Il Principe che la prima valutazione di un leader deve essere fatta alla luce degli uomini che ha intorno. Certo, Machiavelli lo diceva anche sottolineando il proprio ruolo di consigliere politico, però nell’esercizio delle funzioni della stanza dei bottoni, prima di quella stanza c’è un’anticamera attraverso la quale passa un po’ tutto. In fondo, i primi ministri hanno un rapporto con tutto quello che li circonda molto mediato dal loro staff.
A Palazzo Chigi si chiamano gli uffici di diretta collaborazione, che hanno una funzione molto stringente nel mediare il rapporto tra interno ed esterno. Sul tema sono stati scritti libri meravigliosi. Ricordo sempre che un grande consigliere di Margaret Thatcher, Alistair McAlpine, diceva che uno dei poteri più importanti è il potere d’accesso e che il modo migliore per rovinare qualcuno è fargli vedere il leader nel momento sbagliato. Aiutare il leader a gestire il suo tempo e supportarlo nell’azione di governo attraverso la decisione di priorità, attraverso l’interlocuzione con gli stakeholder di riferimento è una funzione certamente cruciale. Non esiste una stanza del potere senza un’anticamera del potere e la collocazione geografica, gli spazi, sono anch’essi parte integrante di questa equazione. A me ha colpito molto, per esempio, come gli spazi della West Wing a Washington, a Downing Street e a Palazzo Chigi siano disposti in modo molto simile. Evidentemente c’è una processualità nella formazione della decisione che richiede anche una gestione dello spazio.
Gli uffici dei decisori, cioè del presidente americano o del premier italiano, sono sempre uffici angolari, non sono mai al centro. E a loro ha immediatamente accesso il Chief of Staff, che è quello tra i più vicini, così come sono sempre molto vicine le stanze del governo, cioè dove si riuniscono i ministri. E a Palazzo Chigi e alla West Wing la disposizione è identica: la prima stanza importante è quasi direttamente collegata a quella del presidente, così come la stanza dove si riunisce o il governo americano o il governo italiano. Quella del governo italiano in realtà è molto più grande della cabinet room della Casa Bianca, sebbene conti molto meno: in America è una stanza piccola con un tavolaccio di finta pelle, mentre a Palazzo Chigi c’è una specie di tavola rotonda, modello Re Artù, gigantesca.
Altra caratteristica molto simile è che l’Ufficio Stampa è invece un po’ più distaccato, evidentemente per protenderlo verso l’esterno. Un’altra cosa tipica di questi uffici è avere una stanza di rappresentanza dove si fanno gli incontri con le delegazioni straniere e anche quella è collocata praticamente allo stesso stesso modo. Sono distribuzioni di spazi che devono essere coerenti e avere delle funzioni precise. Naturalmente io prima ho detto che non bisogna confondere una presidenza con un premierato, sono due cose diverse. Però è anche vero che il Presidente americano deve confrontarsi con il più forte di tutti i Parlamenti.
Francesco Maselli
Sempre a proposito di geografia, quanto conta Roma nel potere italiano?
Antonio Funiciello
È una città in cui il potere ha sede dal 21 aprile del 753 a.C., una constatazione chiaramente un po’ enfatica ma abbastanza precisa. E nel corso del tempo, cioè dalla Roma antica a oggi, il potere a Roma si è moltiplicato di presenze, di funzioni, anche di poteri, perché si tratta dell’unica capitale del mondo che è la capitale di due stati, come è noto. Uno stato che è molto piccolo, il Vaticano, ma che ha un peso specifico importantissimo. Roma è una delle città più plasmate dal potere, secondo me, tra quelle che ci sono nel mondo, è abituata ad avere a che fare col potere, è abituata a tenere in braccio il potere e gli uomini di potere a Roma hanno delle caratteristiche tutte loro, molto differenti rispetto agli altri uomini e donne di potere in giro per il mondo.
Hanno una consuetudine col potere, un rapporto di maggiore disincanto e distacco, soprattutto gli uomini davvero potenti, che spesso intrattengono con esso una relazione molto scettica, ironica. Il potere c’è prima di loro, ci sarà dopo di loro. E questo ti forma: ho lavorato a Palazzo Chigi con due romani ma ho conosciuto bene anche altri leader, per esempio Renzi. Ma certamente i due presidenti del Consiglio che ho conosciuto sono due romani e sono due persone profondamente diverse, ma ciò che li unisce di più è l’essere romani e avere questo atteggiamento. È qualcosa che ti consente di esercitare il potere per tutta la tua vita, anche quando non sei detentore di potere diretto. Nel corso del tempo impari a capire che il potere è un ambiente, è un contesto, e quindi puoi svolgere una funzione di orientamento magari non diretta ma per influenza.
Francesco Maselli
Mi hai fatto venire in mente Gianni Letta.
Antonio Funiciello
Sono d’accordo. Secondo me Gianni Letta è, da questo punto di vista, forse la figura che più si è avvicinata a quella del Chief of Staff americano. Il mio incarico in inglese era tradotto come Chief of Staff, ma faceva ridere, io non avevo minimamente i poteri del Chief of Staff statunitense. Gianni Letta probabilmente li ha avuti, perché pur non avendoli formalmente, perché il sottosegretario della presidenza del Consiglio non ha tutti i poteri direttamente attribuiti, aveva questa sapienza, questo rapporto col potere, che gli consentiva poi di svolgere una funzione di coordinamento all’americana. È stato probabilmente l’unico che ha esercitato la funzione in questo modo e il più longevo sottosegretario della presidenza del Consiglio.
Laura Cappon
Insomma, chi arriva a Roma e ha il potere e non è romano rischia di fallire, ha più possibilità di fallire, secondo te?
Antonio Funiciello
No, non dico questo, dico che la conoscenza del potere è un vantaggio competitivo e chi arriva a Roma e non prende sul serio il fatto che questa città da svariati secoli è una delle abitazioni privilegiate del potere nel mondo, be’, rischia di sottovalutare un fattore piuttosto condizionante del suo lavoro. Poi certo c’è anche il contraltare. L’eccessiva romanità ti induce ad altri errori. Dico soltanto che il rapporto tra Roma e potere è un rapporto che va studiato, approfondito, compreso, perché se uno lo prende sotto gamba rischia di esserne travolto.
Laura Cappon
Noi oggi abbiamo scelto la parola “potere”, e ti chiedo come ultima domanda: che significato personale ha per te questo termine?
Antonio Funiciello
Qui rischio di essere frainteso… A me il potere sinceramente non interessa più di tanto, mi interessa in relazione a quello che dicevo prima, cioè per capire il contesto, immergersi, comprenderlo e anche ingaggiare, quando era necessario, conflitti col potere. Il potere è estremamente esigente verso chi lo esercita, richiede e pretende attenzione e io questo lo trovo molto faticoso, perché mi interessano e mi piacciono tante altre cose, che dovevo sacrificare per svolgere il mio ruolo. Non voglio sembrare una specie di abatino o qualcosa del genere, però io l’ho sempre vissuta in un modo molto laico. Quando ho avuto modo di esercitare un po’ di potere, la cosa che mi interessava di più era la politica che se ne serviva e gli obiettivi politici che potevo perseguire.
Francesco Maselli
Ringraziamo Antonio Funiciello per essere stato con noi.
Laura Cappon
Francesco, cosa dobbiamo aspettarci nella prossima newsletter?
Francesco Maselli
Racconterò il luogo in cui l’Italia ha organizzato il prossimo G7, che si tiene a metà giugno in Puglia, in un luogo particolare, anzi, direi particolarissimo, che non soltanto accoglie ovviamente i leader, ma è anche un po’ il simbolo del grande cambiamento che ha vissuto quella regione negli ultimi anni, tanto da ospitare un evento di questo genere.
Laura Cappon
Grazie Francesco.
Francesco Maselli
Grazie Laura, alla prossima.
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