In Sicilia, la frutta tropicale è Made in Italy – Campanili n. 14
Negli ultimi anni gli agricoltori dell’isola hanno scoperto le potenzialità delle coltivazioni esotiche. Il cambiamento climatico, però, non li favorisce. Anzi, rappresenta una nuova sfida
L’Etna c’è, ma non si vede. In una fresca mattina di fine settembre il vulcano è avvolto da una specie di sombrero che copre la cima, lasciando immaginare la figura oltre l’enorme base: “Le nuvole portano acqua, ed è grazie al vulcano e a questi terreni che qui possiamo coltivare”, mi spiega Giancarlo Polizzi, ordinario di patologia vegetale all’Università di Catania, mentre mi accompagna nei suoi terreni a Giarre, tra filari di alberi di mango, avocado, litchi e altra frutta tropicale che coltiva e vende nella zona. Prima di arrivare in Sicilia ero convinto che avrei scritto un reportage sugli effetti del cambiamento climatico, simile a quello che avevo già scritto sulle Langhe: il caldo, gli inverni miti e l’aumento della temperatura del Mediterraneo, sentivo dire in giro, stanno cambiando l’agricoltura dell’isola. Mango e avocado sostituiscono arance e limoni, la Sicilia è diventata tropicale, credevo: “Ma qui gli avocado li hanno piantati settant’anni fa, come piante ornamentali!”, ride Polizzi, mentre attraversiamo il viale d’ingresso di una delle sue piantagioni, delimitato in effetti da enormi alberi di avocado, piantati per abbellirlo, non come piante da frutto.
L’introduzione delle piantagioni tropicali è tuttavia una cosa relativamente nuova: negli ultimi vent’anni, molti agricoltori siciliani si sono resi conto delle potenzialità organolettiche e commerciali della frutta esotica, ma già da tempo il clima si era dimostrato favorevole a questa tipologia di coltivazione. Gli imprenditori non hanno fatto altro che cogliere un’occasione, sfruttando una predisposizione naturale. In Sicilia le zone “vocate” sono tre: quella dell’Etna a est, quella di Milazzo a nord est, quella vicino a Palermo, nel nord ovest, da Partinico a Castellammare del Golfo. È difficile avere statistiche ufficiali, anche se l’Istat ha inserito mango e avocado nel paniere dei beni più consumati dagli italiani, e stima in circa 150 ettari l’estensione dei terreni coltivati con questa tipologia di frutta: “Abbiamo evidenza che gli ettari investiti siano almeno sette o otto volte superiori. Ciò, probabilmente, deriva dal fatto che molti ettari non sono ancora in produzione o non ancora a pieno regime. Il valore del prodotto è rilevante”, spiega Vincenzo Lenucci, Direttore per le Politiche di Sviluppo Economico delle Filiere Agroalimentari e del Centro Studi di Confagricoltura. Nel 2023, l’Italia ha esportato 147 mila tonnellate di frutta tropicale, il 20,9 per cento in più dell’anno precedente, numeri che mostrano una progressione importante, soprattutto se si considera che quella tradizionalmente più esportata (mela, uva, pera) è in leggero calo. In Sicilia, secondo i dati forniti da Coldiretti e messi insieme in un bel reportage scritto dal Sole24Ore qualche settimana fa, gli ettari sarebbero circa 500.
Andrea Passanisi è uno dei principali imprenditori della zona, fondatore di Sicilia Avocado e presidente di Coldiretti Catania, ed è sia agricoltore che commerciante: in pochi anni ha federato 54 aziende conferitrici che si appoggiano al suo stabilimento logistico di Giarre per spedire i loro prodotti in tutta Italia. Il doppio ruolo è una cosa a cui tiene molto: “Sono stato uno dei primi a cominciare, vent’anni fa, e ho capito quasi subito che mi conveniva contribuire a creare una filiera più che aumentare i margini. Se l’ecosistema funziona ci guadagniamo tutti, e per farlo era necessario raccontare un territorio, inventare il filone tropicale”. Così, dopo i primi anni in cui “mi chiedevano cosa fosse un avocado”, le cose sono migliorate, la domanda è aumentata e il made in Italy ha iniziato a rivelarsi, ancora una volta, una marcia in più.
Non era scontato, per i coltivatori siciliani, essere competitivi rispetto agli esportatori dei paesi più tradizionali. Non soltanto per una questione di esperienza e di prezzo, ma anche per una questione di immaginario: chi non sa nulla di frutta tropicale magari è più attratto da un prodotto che è esotico anche perché coltivato dall’altra parte del mondo. E comunque, al supermercato, vince (quasi) sempre il prezzo, soprattutto quando si tratta di frutta costosa.