Sud, con Claudia Durastanti – lessico di Campanili #4
Come cambia la narrazione del Mezzogiorno nell’immaginario collettivo, tra vittimismo, cliché e fenomeni d’avanguardia
Nella mitologia scandinava era Souri, uno dei nani che reggeva la volta celeste ai quattro angoli del mondo. Un punto cardinale che per l’Italia rappresenta un territorio che è stato conteso per centinaia di anni subendo le influenze dei colonizzatori. Oggi racchiude un’idea e una visione del mondo, ma anche un cliché e un pregiudizio.
Sud è la parola che abbiamo scelto per il quarto episodio del podcast lessico di Campanili.
Ascolta il podcast su tutte le piattaforme: Spotify – Apple – Amazon
Quella che segue è una trascrizione della conversazione, modificata per ragioni di lunghezza e chiarezza.
Laura Cappon
Francesco, abbiamo scelto la parola “sud” perché nel precedente numero della newsletter hai realizzato un bellissimo ritratto di Maurizio de Giovanni, uno dei giallisti più famosi d’Italia, ma anche uno che si definisce “tifoso della sua città”. Dato che volevi raccontare anche il capoluogo campano, perché hai scelto di raccontarlo con gli occhi e le parole di de Giovanni?
Francesco Maselli
Napoli è sempre stato un luogo centrale nella cultura europea. Però, questo periodo di grande successo che sta vivendo Napoli è diverso dai precedenti. E de Giovanni è una figura abbastanza rappresentativa, che aiuta bene a spiegare questo successo nuovo, provando a capire con lui come si incastra tutto nella storia della città.
Laura Cappon
E la difende con le unghie e con i denti sotto qualsiasi aspetto, dai turisti di tutti i tipi a ciò che la città è diventata, mi pare.
Francesco Maselli
Lui, in realtà, dice di non sentirsi una responsabilità addosso nei confronti della città.
Laura Cappon
Però è perfettamente calato nel personaggio, ma lo fa in una maniera molto simpatica e non presuntuosa.
Francesco Maselli
Vero, però c’è anche un po’ di vittimismo napoletano, come nelle tifoserie. D’altronde quella del Napoli è la più vittimista d’Italia, la più permalosa soprattutto. Lui forse non lo è, però c’è sempre quest’idea che gli altri non capiscono quanto siamo speciali. Una cosa che io, da napoletano, ho sempre vissuto con un po’ di fastidio.
Laura Cappon
In questo episodio abbiamo deciso di approfondire la parola “sud” con Claudia Durastanti, una delle voci più brillanti della letteratura italiana. Finalista al premio Strega nel 2019 con La Straniera, è ora in libreria con Missitalia, un romanzo che racconta la storia di tre donne, in tre momenti storici differenti ma con un luogo in comune, la Val D’Agri, in Basilicata.
Claudia, il tuo è un romanzo complesso. L’ambientazione è parte della tua storia familiare. Sei nata a Brooklyn e poi, a sei anni, sei tornata a vivere in Basilicata, luogo di origine di tua madre. Nel tuo libro, tra le tante cose, c’è una chiara evocazione di alcune delle tematiche sociali che da sempre accompagnano la storia del Mezzogiorno. L’arrivo delle fabbriche, lo sfruttamento delle risorse del territorio. Emerge quasi una dinamica colonialista a cui molti personaggi del tuo libro si ribellano. Che riflessione sul sud volevi che rimanesse ai lettori?
Claudia Durastanti
Forse sono partita da un momento che è comune nell’esperienza di tutti: assistere per la prima volta alla rappresentazione del territorio, della regione, della provincia, della città in cui si è cresciuti all’interno di testi scolastici, film. Il confronto con un ambiente intimo, col tuo ecosistema, così come viene raccontato nella narrazione ufficiale. E quindi, quando ho iniziato a pensare al lavoro su Missitalia, mi era chiaro che volevo espandere questo racconto e ho utilizzato le fonti che avevo a disposizione. Ricordo che la rappresentazione della mia regione, la Basilicata, era impostata su un discorso di assenza, legato quindi fortemente alla migrazione, allo spopolamento.
E poi mi sono confrontata con una rappresentazione che definisco letteraria, perché connessa al fatto di essere cresciuta a Gallicchio, una sorta di paese cuspide, come altri limitrofi: si trova su una sorta di confine immaginario in cui da un lato ci sono i Calanchi di Aliano, dove Carlo Levi ha ambientato Cristo si è fermato a Eboli, e dall’altro un paese, Montemurro, dove è nato Leonardo Sinisgalli, il poeta ingegnere. Lì c’erano due forze a confronto, una rappresentazione ancestrale legata al folclore, alla tradizione, al ritorno dell’eterno uguale, a una certa fissità dei personaggi di un mondo contadino, e una sorta di approccio più visionario, più sensibile all’arrivo di una tecnologia, il petrolio, che avrebbe trasformato la magia e il rapporto tra donna, uomo e natura.
Infine, c’è la rappresentazione storiografica, forse la più calda e complicata, del periodo post-unitario, che mette in gioco tantissime idee su cosa sia il Sud. E lì mi sembrava di avere un percorso binario che volevo assolutamente aggirare, tra questa unificazione romanticizzata e la risposta legata alle dinamiche coloniali, di un territorio già povero in partenza che si è ulteriormente impoverito. A questo va aggiunta la guerra civile repressiva che c’è stata dopo l’unità d’Italia e che ha generato, proprio in Basilicata più che altrove, il fenomeno del banditismo e del brigantaggio. C’è un vento di passioni tra storia e controstoria di quello che è successo in quel periodo.
Francesco Maselli
Vorrei però sfatare la retorica meridionalista e introdurre un tema di dibattito sulla responsabilità del mezzogiorno stesso: dal Dopoguerra a oggi, 8 Presidenti del Consiglio su 31, quindi il 25 per cento, sono nati a sud di Roma, e ben 17 ministri dell’Interno su 32 sono meridionali, più del 55 per cento. C’è un po’ di vittimismo, in chi ritiene che il sud sia stato “sfruttato” e “abbandonato”? Il sud Italia ha partecipato alla costruzione del paese come lo conosciamo oggi.
Claudia Durastanti
Il tema esiste, ricordo che durante la serie di Marco Bellocchio su Aldo Moro (Esterno Notte, ndr) c’è una scena nella quale i parlamentari settentrionali ambiscono a ottenere più potere e bilanciare l’eccessivo peso dei meridionali nella Democrazia Cristiana, che ha avuto tantissimi esponenti del sud, in particolar modo siciliani.
Durante l’ultimo festival di Sanremo, ero un po’ esterrefatta che si potesse interpretare la presenza di Geolier come un fenomeno minoritario, eversivo, una rappresentazione meridionale incarnata in questa definizione un po’ più suscettibile, vittimista di difesa del margine. Si trattava, invece, di un cantante che rappresenta quello che effettivamente è avvenuto, cioè la capitalizzazione o colonizzazione dell’immaginario nazionale italiano attraverso racconti dal sud, racconti meridionali, e che aveva un successo trasversale, non limitato a una sola parte del paese. Oggi nell’industria dell’immaginario, nella produzione di storie, di narrazioni, di canzoni, di ambientazioni di film, prevale certamente un determinato tipo di meridione a scapito di altre narrazioni.
Francesco Maselli
Penso faccia anche un po’ comodo avere un certo modo di raccontare il Sud. È più semplice dire che “è colpa degli altri”, “noi ci ribelliamo” e quindi “non siamo responsabili della situazione in cui siamo”.
Claudia Durastanti
Prima parlavo di “conflitto tra vento di passioni” tra dimensione ufficiale e controstoria, perché con questo tipo di racconto vengono a perdersi quelle soggettività, quelle lavoratrici, quei lavoratori, quelle persone che interpretano il meridione non attraverso i criteri romantici, identitari, e così esasperati. Anche perché forse è una scelta che forse non paga, perché portare avanti la rappresentazione del meridione passionale e subalterna è maggiormente addomesticabile, fa più presa in un discorso collettivo.
Laura Cappon
Tornando al tuo libro, il Nord viene comunque visto come un luogo desiderato da molti personaggi del tuo romanzo, un posto quasi magnetico. Chi nasce al sud deve, ancora oggi, aspirare ad andare altrove per esaudire le proprie ambizioni?
Claudia Durastanti
Faccio parte proprio di un gruppo di persone che hanno fatto questa “fuoriuscita”, l’hanno fatta dal paesino meridionale, dalla regione. Io l’ho fatta da Roma, sono andata a vivere in Inghilterra, e buona parte della mia vita si è svolta negli Stati Uniti. Non penso ai miei personaggi come personaggi che non fanno delle fuoriuscite, tutte le donne di Missitalia e gran parte dei personaggi, soprattutto nella prima stesura, erano tutti mezzi-mezzi, erano mezzi polacchi e mezzi italiani, erano mezzi texani e mezzi lucani, mi è venuto istintivo. Poi con l’editing ho cercato di ricondurli a un’appartenenza più lineare. Mi ha aiutato molto a cambiare la scala delle migrazioni. Siamo in un momento in cui l’insostenibilità delle città, soprattutto di quelle settentrionali, fa sì che molte città meridionali diventino la sede inevitabile del percorso di studi, e che quindi gli anni universitari si facciano a Bari, a Napoli o a Reggio Calabria, quando prima esisteva un automatismo verso Milano, Torino, Bologna e Roma. Questo sta trasformando la mappa delle “fuoriuscite”. Permane il rapporto città-provincia, però non è la città di prima e anche la provincia non è più quella di prima: c’è la questione dello spopolamento, ma c’è anche la questione del ritorno, molti tornano dalla “Luna”, dal nord, come la protagonista della terza parte del mio romanzo, e si stabiliscono nelle terre d’origine. Il nord forse non è più frequentato o frequentabile come prima?
Francesco Maselli
Oppure forse è anche un po’ cambiata la narrazione sul sud. E mi viene in mente la Puglia diventata quasi un luogo cool, dove a giugno si terrà il G7. C’è anche un po’ un’idea di Sud che sta diventando un’altra cosa?
Claudia Durastanti
Una cosa che mi affascina è che la Lucania, in particolare, venga descritta attraverso dei referenti esterni. Prima era l’Irlanda d’Italia, poi la Texas d’Italia. Pasolini non trova un set credibile per Il Vangelo secondo Matteo, e lo ambienta a Matera perché è più Palestina della Palestina stessa. Per rendere appetibile dei luoghi si cerca sempre una dimensione comparata, il territorio che si trasforma diventa cool perché somiglia a qualcos’altro. Il caso pugliese è stato straordinario, ma credo di essere cresciuta in una regione, la Lucania, per cui questo fenomeno non è replicabile. È un po’ come in NW, il romanzo più bello di Zadie Smith, in cui l’autrice parla di questo quartiere, Kilburn, nella zona nord-ovest di Londra, dove lei è cresciuta, caratterizzato da una grande commistione etnica di classi sociali, e che lei definiva “ungentrified”, “ungentrifiable”. Ingentrificata, ingentrificabile. Che è una cosa che penso anche di molti quartieri di Roma. Forse non è la parola corretta per parlare di territori più ampi, però viene da chiedermi quali pezzi di sud oppongono questo tipo di resistenza.
Laura Cappon
Brunori Sas, cantautore calabrese che tuttora vive in Calabria, ha detto che “se in Italia dovesse nascere una nuova Seattle, sarebbe in provincia di Cosenza”. E che “la Calabria è un baluardo anticapitalistico inconsapevole e futuro traino del paese”. Condividi questa opinione sul Sud?
Claudia Durastanti
Non so se dire se la mia visione sia meno romantica. Credo che certi luoghi del meridione, parlo di quelli che ho frequentato, siano un’avanguardia inevitabile, un laboratorio inevitabile del futuro, perché lì accadono prima dei fenomeni di rottura, di saturazione, di assenza di risorse e di lavoro. Se il lavoro diminuisce, richiede delle forme di integrazione del reddito. Questo si sperimenta di più in regioni che da decenni convivono con l’assenza di lavoro. È naturale che lì devi inventarti qualcosa, è un po’ un laboratorio politico che anticipa delle tendenze. Non so se ho il coraggio di definirla “anticapitalista”, perché anche al sud esistono dei fenomeni di colonialismo interno, di potentati locali, di sfruttamento dei subalterni da parte delle classi dirigenti locali, sarebbe ignoranza e malafede ignorarli, però credo di sicuro che si tratta di luoghi in cui si anticipano questioni sull’esaurimento delle risorse. Ci vuole una grandissima fantasia e immaginazione per governare tutto questo, il sud dovrebbe essere un luogo di fantasia e originalità politica.
Francesco Maselli
Però l’originalità in genere la troviamo nei posti dinamici, giovani. E c’è un tema che forse sottovalutiamo quando parliamo di Sud oggi, ed è la demografia. L’Italia perde popolazione, ma accade in larga parte nelle regioni meridionali, che sono sempre più anziane, sempre più spopolate e quindi rischiano di essere sempre meno vive: secondo l’Istat, entro il 2040, il sud perderà circa 2 milioni di residenti, mentre nord e centro resteranno tendenzialmente stabili. Cosa ci dice tutto questo?
Claudia Durastanti
Faccio un esempio proprio pratico, anche malinconico che ho notato quando sono tornata nel paese in cui sono cresciuta durante le vacanze di Natale un paio di anni fa. Il popolamento forse è stato effettivamente un’eccezione, da bambina ricordo queste classi affollate, le strade frequentate, oggi è il contrario, le scuole chiudono, ci sono meno residenti. Però ci sono molti più eventi, più progetti culturali, si crea una maggiore interferenza con l’esterno. Prima c’era una dimensione più insulare ma più popolata, mentre adesso è più svuotata ma più connessa al mondo. Molti luoghi del Sud vivono questa condizione paradossale di avere più voglia, più desiderio, più informazioni, più disponibilità di rompere gli schemi di marginalità e isolamento, ma mancano i canali umani attraverso cui farlo perché ci sono meno persone. Sono stata sempre una creatura urbana, però oggi a quarant’anni mi chiedo se la città sarà davvero la sede primaria delle attività o del modo di scambiare informazioni. Non ne sono più così sicura. E penso che nei prossimi 15-20 anni potremmo vedere delle trasformazioni che forse potranno convergere anche verso un maggiore ripopolamento al Sud.
Laura Cappon
Per questa conversazione, oggi siamo partiti dalla parola “sud”, e quindi ti chiedo: ha per te un significato anche personale?
Claudia Durastanti
Il Sud in cui sono cresciuta è sempre stato qualcosa di potenzialmente oscuro, sfuggente e che non riesco del tutto a comprendere, a imbrigliare. Ecco, forse il Sud in cui mi riconosco, che è anche un Sud ideale, è un Sud di modernità parallela.
Francesco Maselli
Ringraziamo tantissimo Claudia Durastanti per essere stata con noi oggi.
Laura Cappon
Francesco, cosa dobbiamo aspettarci nella prossima newsletter? Dove andrai?
Francesco Maselli
Il carcere sarà al centro del prossimo reportage. Racconterò della mia visita in un istituto per minori, e come questa storia racchiude molto della società in cui viviamo oggi.
Laura Cappon
Grazie Francesco.
Francesco Maselli
Grazie Laura, alla prossima.
Se hai dei suggerimenti su tematiche da affrontare e/o dritte di ogni tipo, scrivimi pure sui miei account social. Se vuoi informazioni sull’abbonamento scrivi a: info@nredizioni.it