Siccità, con Giulio Betti – lessico di Campanili #9
Perché il cambiamento climatico è un efficientissimo moltiplicatore di problemi
Nella storia era considerata come un’epidemia: segnava il destino di una città, provocava carestie, guerre e migrazioni. Oggi resta un fenomeno catastrofico che, a causa del cambiamento climatico, avanza anche sui confini meridionali del nostro paese.
Siccità è la parola che abbiamo scelto per il nono episodio del podcast lessico di Campanili.
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Quella che segue è una trascrizione della conversazione, modificata per ragioni di lunghezza e chiarezza.
Laura Cappon
Francesco, abbiamo scelto la parola “siccità” perché nell’ultimo numero della newsletter ci hai raccontato il servizio meteo dell’Aeronautica militare, a Pratica di Mare. Hai incontrato gli uomini che ci permettono di sapere che tempo farà domani. Sappiamo bene quanto queste previsioni siano importanti: il cambiamento climatico ci ha ormai abituati a osservare disastri naturali e, appunto, anche fenomeni come quello della siccità in alcune aree del nostro paese. Ma il cambiamento climatico ha anche influenzato il lavoro dei meteorologi e delle loro previsioni?
Francesco Maselli
Preparando il reportage pensavo di sì, credevo che avere fenomeni più estremi e diversi rispetto al passato complicasse un lavoro già di per sé difficile. In realtà, parlando con le persone che lavorano al centro del servizio meteo dell’Aeronautica, ho scoperto che non è così, nella misura in cui le previsioni del tempo sono strutturate secondo dei modelli matematici che si basano sulla fisica dell’atmosfera. E, quindi, se la fisica è giusta, se i dati delle osservazioni sono accurati, e lo sono sempre di più grazie alla tecnologia e alla capillarità degli strumenti di misurazione delle componenti dell’atmosfera, le previsioni di conseguenza saranno precise. Il fatto che il clima cambi non implica che cambi anche la fisica, le leggi della fisica restano uguali. Cambiano i fenomeni, chiaramente, ma non la difficoltà nel prevederli. È forse un paradosso, il clima sta cambiando ma le previsioni del tempo sono più affidabili.
Laura Cappon
Per approfondire la parola “siccità” abbiamo invitato Giulio Betti, metereologo e climatologo, molto attivo nella divulgazione, anche sui social. Lavora al Consorzio LaMMA (Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica Ambientale) e all’Istituto di Bioeconomia del Cnr di Firenze. A settembre uscirà, per edizioni Aboca, il suo libro Ha sempre fatto caldo!.
Giulio, iniziamo con la nostra parola. La siccità è sempre esistita, è ampiamente raccontata anche nella letteratura del passato, dalle cronache di guerra dell’Antica Roma a I Malavoglia di Verga. C’è differenza tra la siccità di ieri e quella di oggi?
Giulio Betti
La siccità è un fenomeno che ha caratterizzato da sempre il clima globale, inclusi quelli europeo e italiano. Del resto, è abbastanza semplice associare regioni come la Sicilia o la Puglia a fasi siccitose, talvolta sono capitate anche nell’Europa centrale, come quella del 1540, una delle peggiori siccità mai osservate in Europa. La differenza è che le grandi siccità attuali si verificano in un contesto termico molto più caldo rispetto al passato: ciò significa che una fase siccitosa intensa si sviluppa in un contesto di temperatura media più alta che causa una maggior evapotraspirazione, che ne amplifica notevolmente gli effetti. A parità di evento, purtroppo, le siccità di oggi sono più efficienti proprio a causa dell’eccesso di calore immagazzinato e che continuerà a immagazzinare il nostro pianeta. Se la siccità si manifesta con 40°C l’effetto sarà chiaramente molto più intenso rispetto a un evento siccitoso che si verifica con 29°C.
Francesco Maselli
A proposito di alte temperature, in queste settimane c’è una questione di attualità: in Sicilia molte zone sono rimaste senza acqua. Il Guardian ha dedicato di recente un lungo reportage alla situazione dell’isola. Un terzo del territorio rischia di diventare deserto entro il 2030, non so se adesso questa è una stima attendibile, però insomma la situazione è grave. Come ci siamo arrivati? Oltre al cambiamento climatico c’è anche forse uno spreco di risorse idriche, una mancanza di politica e di sistema per affrontare una situazione che forse non era imprevedibile?
Giulio Betti
Il cambiamento climatico è un efficientissimo moltiplicatore di problemi. Partiamo da una situazione complicata sul territorio, perché oggettivamente in Italia, in particolar modo nel Sud, abbiamo uno spreco d’acqua enorme, quasi vergognoso: riguarda soprattutto l’acqua potabile ma anche l’acqua per irrigare. A questo si unisce una mancanza cronica di infrastrutture per il trattenimento dell’acqua piovana: mancano invasi più efficienti che comunichino fra loro, cioè un invaso troppo pieno dovrebbe svuotarsi e andare a sopperire i bassi livelli di un altro invaso. Non c’è questa visione d’insieme e tutto ciò viene acuito, un po’ come la siccità, dal cambiamento climatico. Negli anni passati, saremmo dovuti intervenire per gestire meglio la risorsa idrica, cioè trattenerla quando c’è ed evitare di sprecarla quando non c’è, ma anche migliorare il territorio, riducendo l’erosione superficiale o le coltivazioni intensive. Purtroppo non è stato fatto, e in un territorio vulnerabile come quello italiano e soprattutto quello siciliano, si è aggiunta la variabile del cambiamento climatico. Intervenire oggi è quindi più complesso e costoso. Parliamoci chiaro: in Sicilia la desertificazione è un qualcosa di cui si parla da decine di anni e riguarda parte del Sud Italia, ed è spesso figlia di una gestione sciagurata del territorio. Quindi succede che quando piove, la pioggia distrugge il terreno fertile.
Laura Cappon
Quest’anno abbiamo visto anche un’Italia divisa: al nord le piogge abbondanti hanno provocato danni enormi, hanno fatto anche aumentare la produzione di energia idroelettrica compensando il calo drastico del sud. Cosa sta succedendo, è una tendenza o un’anomalia?
Giulio Betti
Diciamo che Nord Italia e Sud Italia sono due zone climaticamente e meteorologicamente opposte. Si dice in gergo tecnico che sono influenzate da regimi di circolazione atmosferica completamente diversi, quindi è normale che quando piove molto al nord piova molto poco al sud e viceversa. Quello che però vediamo negli ultimi anni è una netta polarizzazione del fenomeno, cioè quando piove in eccesso in una zona piove veramente troppo e nel contempo la pioggia che manca nella zona dove non piove provoca, appunto, siccità sempre più frequenti e intense. Questa estremizzazione della territorialità in Italia è dovuta purtroppo al cambiamento climatico, che tende a trasformare delle configurazioni meteorologiche facendole diventare croniche. Ecco che la mancanza di variabilità, di alternanza tra regimi meteorologici diversi, crea questi dipoli che portano ad acuire ulteriormente l’eccesso da una parte e il difetto dall’altra.
Francesco Maselli
Resto sulla pioggia: quanto dipendiamo appunto dai cicli delle precipitazioni, che per loro natura sono imprevedibili nel lungo periodo? È possibile mettere in campo politiche capaci di compensare gli anni nei quali piove meno?
Giulio Betti
Anche in questo caso risponderei con una parola: “adattamento”. L’adattamento al cambiamento climatico. È chiaro che dipendere da un fenomeno meteorologico difficilmente prevedibile a medio e lungo termine ci rende esposti all’imprevisto e al rischio di non avere abbastanza risorsa idrica. Parlavamo della desertificazione, che come detto è sia un problema climatico sia un problema di gestione. Affinché si possa frenare questo processo, non dico fermarlo, perché purtroppo il clima cambia e continua a cambiare, è necessario mettere in atto una serie di misure atte alla conservazione della risorsa idrica. Parlavo degli invasi, che sono fondamentali, ma anche le coltivazioni possono avere un ruolo: bisogna puntare su piante da frutto che hanno bisogno di meno acqua, sono più resistenti alle temperature, sono meno difficili da gestire. Se riduco l’impatto delle precipitazioni sempre più intense e quindi paradossalmente del loro ruolo di erosione superficiale del suolo, renderò più resilienti i territori rispetto alla siccità. Ciò vuol dire gestione delle foreste, gestione dei fiumi, casse di espansione, contenimento della cementificazione e anzi liberare parti di fiume in modo tale che i fiumi stessi possano scorrere liberamente. A questi interventi vanno aggiunti processi di rinaturalizzazione di zone degradate che sono fondamentali per trattenere la risorsa idrica, le zone umide, che esistono anche in Sicilia, sono fondamentali. Se le andiamo a depredare per utilizzare l’acqua per zootecnia, industria, ecc., prima o poi ci troveremo senz’acqua, perché le zone umide sono delle fondamentali spugne che trattengono acqua e assorbono anche molta anidride carbonica senza rilasciarne troppa, cioè sono dei sink, delle zone di assorbimento di CO2. Quindi gli interventi in teoria sono tantissimi, io ne ho citati soltanto alcuni, però il problema è che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
Francesco Maselli
Ma non si fanno perché sono troppo onerosi?
Giulio Betti
Questa sarebbe una domanda da porre ai politici e ai decisori. Io ritengo che l’investimento valga assolutamente il ritorno economico perché i danni e i costi che provocheranno i cambiamenti climatici, unitamente alla scarsa manutenzione del territorio, saranno ben più grandi delle risorse necessarie a contenerli. Si calcola che le politiche di rinaturalizzazione, a fronte di un euro investito, ne portino indietro dai 10 ai 30, per dire. Stiamo parlando di investimenti non dico sicuri, ma sicurissimi.
Laura Cappon
Nella presentazione del tuo libro si legge che la tensione mediatica sul clima è salita, ovviamente provocando anche un caos di informazioni e falsi miti. Esiste un’origine comune di queste credenze antiscientifiche?
Giulio Betti
Certo che esiste, e in parte i dubbi che ruotano intorno al cambiamento climatico sono anche leciti, perché del resto nessuno è onnisciente. Ed è un argomento complesso, che deve essere spiegato. Il limite però tra un dubbio legittimo e una fake news, oppure proprio una storia completamente inventata, è molto sottile. Ci sono delle leggende metropolitane sul cambiamento climatico che girano e si autoalimentano, come per esempio il mitico Annibale che valica le Alpi con gli elefanti come prova incontrovertibile del fatto che duemila anni fa si potessero valicare le Alpi tra settembre e ottobre senza problemi. In realtà fu un viaggio tragico, una spedizione drammatica, faticosissima, con grandi perdite. È vero che gli elefanti riuscirono a valicare le Alpi occidentali, ma a costo di tante vite, perché per proteggere i pachidermi, la fanteria doveva anticiparli e aprirgli la strada ostruita dalla neve dell’anno precedente che veniva ricoperta da bufere di neve nuova: le condizioni climatiche erano ben peggiori di quelle di oggi!
Un altro esempio è il livello medio dei mari: c’è chi dice – ma non è vero – che non aumenta perché dove va a fare il bagno il livello medio del mare è sempre lo stesso. In realtà, non è così. Il livello medio dei mari non è uguale in tutto il mondo, gli oceani non hanno una superficie perfettamente sferica, non sono tutti allo stesso livello; ci sono le correnti marine, le grandi depressioni, le grandi catene montuose che distribuiscono in maniera diversa la gravità, pertanto il mare ha un livello medio differente secondo la zona geografica che prendiamo in considerazione. Determinate aree non avvertono l’innalzamento medio dei mari, altre lo stanno subendo in maniera veramente pesante come il Bangladesh, l’Inghilterra orientale, la California, la Nuova Zelanda, la costa orientale degli Stati Uniti. In che modo? L’acqua non ricopre interamente una città ma entra sempre più in profondità nell’entroterra a causa delle tempeste, che creano un’erosione sempre più intensa. I 20 centimetri in più di altezza del mare raggiunti negli ultimi anni stanno provocando dei danni enormi. Infine, un’altra leggenda che alimenta il negazionismo sono i periodi di grande freddo durante gli inverni miti, con nevicate in pianura, temperature rigide a bassa quota. Si dice, ecco, è inverno e fa freddo, il cambiamento climatico non esiste. In realtà la differenza tra meteorologia e clima deve essere chiara a tutti: un evento freddo localizzato non cambia una tendenza, e la tendenza è una temperatura media sempre più alta.
Francesco Maselli
Non è proprio una fake news, però è un’opinione di senso comune, specie sulle questioni della siccità. Si dice che per risolvere questo problema si può puntare sui dissalatori. È vero?
Giulio Betti
Dissalare l’acqua è un processo ancora molto costoso. Va detto che il costo unitario è diminuito negli ultimi anni. Il dissalatore può essere un aiuto nell’affrontare il problema della carenza idrica, e io sono assolutamente favorevole a questo tipo di infrastrutture, il problema è che non basterebbe a soddisfare tutto il fabbisogno di regioni molto popolose che hanno necessità di grandissimi quantitativi d’acqua, non solo per berla ma anche e soprattutto per coltivare prodotti agricoli. Spesso viene citato l’esempio degli Emirati Arabi, dove l’80 per cento dell’acqua arriva da questi impianti, ma parliamo di uno paese piccolo, con una popolazione limitata e un complesso industriale limitato. Il fabbisogno che c’è invece in una nazione come l’Italia, che è industrializzata, molto popolosa, è incomparabile: il dissalatore non basta. Può aiutare in alcune zone, ma non è una soluzione sostenibile e qui ritorna il discorso sull’importanza degli stoccaggi.
Laura Cappon
Giulio, la siccità ha per te un significato anche personale o legato alla tua professione?
Giulio Betti
La siccità a me fa molta paura. Di solito, sono una persona che non tende a spaventarsi facilmente o a farsi prendere dal catastrofismo, sono piuttosto positivo, però se c’è una cosa che mi ha sempre spaventato e intristito molto è proprio la siccità, perché un mondo può essere anche più caldo, ma se a questo aggiungi la mancanza della pioggia, la vita fa fatica ad andare avanti. Quando vedo le piante, gli alberi che perdono le foglie a causa della siccità e non posso fare nulla se non annaffiare il mio vasetto di fiori sul balcone, mi intristisco. Quando vedo i letti dei fiumi prosciugati mi intristisco, l’acqua è fondamentalmente la culla della vita. Di acqua potabile ne abbiamo poca, l’acqua dolce è una frazione minima dell’acqua totale al mondo, quindi io temo le siccità che saranno sempre più intense e prolungate. Spero che queste vengano compensate dall’ingegno umano, perché se l’uomo è un essere capace di creare grandi danni come quelli che ci circondano, è altrettanto capace di porvi rimedio o quantomeno di attenuarli, quindi spero vivamente che la questione venga affrontata rapidamente.
Francesco Maselli
Ringraziamo Giulio Betti per essere stato con noi oggi.
Laura Cappon
Grazie Francesco.
Francesco Maselli
Grazie Laura, alla prossima.
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