Turismo, con Luigi Farrauto – lessico di Campanili #7
Turismo di massa, Instagram, guide: come il viaggio è diventato quasi esclusivamente performance
Tra tra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo era il Grand Tour, l’usanza dei rampolli delle famiglie borghesi di viaggiare per l’Europa nel loro periodo di formazione. Oggi è diventato un fenomeno di massa, in grado di cambiare o addirittura sconvolgere le dinamiche e il destino di un territorio.
Turismo è la parola che abbiamo scelto il settimo episodio del podcast lessico di Campanili.
Ascolta il podcast su tutte le piattaforme: Spotify – Apple – Amazon
Quella che segue è una trascrizione della conversazione, modificata per ragioni di lunghezza e chiarezza.
Laura Cappon
Francesco, abbiamo scelto la parola “turismo” perché nell’ultima newsletter sei stato a Borgo Egnazia, l’albergo di lusso in provincia di Brindisi che ha ospitato il G7: una location molto glamour, ma che fino a quindici anni fa non esisteva. È un luogo emblematico di un boom turistico che ha completamente cambiato il territorio e la Puglia, diventata in poco tempo una meta molto ambita dai viaggiatori. Nel tuo reportage racconti le varie fasi di questa trasformazione, hai sentito tante voci e mi chiedo: qual è il momento più importante, quello che ha cambiato in maniera radicale la percezione di questo territorio?
Francesco Maselli
Forse i momenti sono due. Il primo è politico ed è l’elezione di Nichi Vendola nel 2005: la scelta di quella giunta di puntare fortissimo sul turismo, un settore marginale fino a quel momento, è stata fondamentale per creare le condizioni di sviluppo dell’offerta. La giunta concluse un accordo molto oneroso con Ryanair per convincere la compagnia irlandese a puntare sugli scali regionali, un’intuizione costosa ma che intercettò il boom delle compagnie low cost. Il secondo momento, legato al primo, è l’impegno spontaneo di tutti i pugliesi, imprenditori, artisti, scrittori che hanno cominciato a parlare della Puglia e sono diventati quasi degli agenti di marketing, perché hanno capito che si poteva utilizzare la tradizione per attirare turisti e quindi investimenti. Borgo Egnazia è la punta estrema: parliamo di super lusso, ma il circolo virtuoso ha investito anche la fascia media. Anche se c’è ancora molto da fare, naturalmente.
Laura Cappon
Per approfondire la parola “turismo” abbiamo invitato Luigi Farrauto, cartografo e viaggiatore seriale, autore Lonely Planet dal 2013 e di una dozzina di altre guide di viaggio, nel 2023 ha scritto Geografia di un viaggiatore pavido, un libro in cui racconta le sue esperienze nei posti più disparati del mondo, dal Polo Nord alle steppe russe.
Luigi, io inizierei cercando di inquadrare il fenomeno con una domanda forse scontata: quanti tipi di turismo esistono?
Luigi Farrauto
A mio avviso ne esiste solo uno: prendere e lasciare la propria città, il proprio paese. Non è una questione di distanze. Poi, certo, esistono tanti modi di approcciare il luogo nel quale si sceglie di andare, ma non amo la distinzione viaggiatori/turisti, perché mi sembra sempre che la faccia chi si considera viaggiatore e abbia un atteggiamento snob verso chi ha altre abitudini. Personalmente preferisco il viaggio, per me la vacanza è camminare dalla mattina alla sera, visitare le rovine, tornare a casa completamente sudato. Per altri è andare in spiaggia, per altri ancora è prendere un camper o dormire in tenda. Ogni modo ha la sua dignità, le sue ragioni e i suoi aspetti positivi e negativi. Forse quello che è cambiato tanto è proprio cosa si fa, è la motivazione che ci spinge a viaggiare: si sta molto degenerando, l’overtourism è diventato un tema molto importante.
Francesco Maselli
Come si può affrontare questo fenomeno? Venezia ha introdotto un ticket per i visitatori che non pernottano, una sorta di tassa di soggiorno, che però più che limitare l’afflusso, sembra aiutare le casse del comune. Idee simili sono state avanzate dai comuni delle Cinque Terre. Oggi si pone il problema di Atrani, in Costiera Amalfitana, che è la location della nuova serie Ripley di Netflix e quest’estate prevede un boom di presenze, essendo una località meno conosciuta rispetto alle più famose Amalfi e Positano.
Luigi Farrauto
Sono molto critico non tanto sul turismo di massa ma sul numero di persone che viaggiano contemporaneamente. Ci vorrebbero delle regole per evitare i viaggi di più di sei persone, per esempio, perché li reputo poco silenziosi, troppo aggressivi per il territorio, qualunque esso sia, da Venezia a Baghdad, fino agli Stati Uniti. Sono le masse, secondo me, che distruggono le città. Venezia è bellissima, tutti hanno il diritto di vederla, ma occorrerebbe farlo in maniera più silenziosa.
Laura Cappon
E a livello invece di tasse, biglietti d’ingresso, cosa ne pensi?
Luigi Farrauto
Quello può funzionare. Faccio il caso, per esempio, del Bhutan, un paese che è imprevedibilmente costoso, perché ha imposto un biglietto di circa 250 dollari al giorno a persona per entrare. Questo ha creato ovviamente un filtro non tanto bello perché è un filtro economico, quindi si ha un turismo un po’ stereotipato, pieno di inglesi posh, però il paese in questo si è conservato tantissimo, è impossibile trovare un gruppo di venti persone, sono tutti gruppi molto piccoli che hanno un impatto sul territorio più lieve, rispetto a quanto accade nel nord dell’India, in Nepal o in Tibet. Certo, se poi l’obiettivo è soltanto fare cassa come a Venezia allora forse ha più senso introdurre il numero chiuso, come in Perù, a Machu Picchu: chi vuole vederlo sa che se non trova il biglietto non può andarci.
Laura Cappon
Hai scritto la guida Lonely Planet del Libano ma anche quella dell’Abruzzo, hai visitato dei posti che hanno vissuto una dinamica simile a quella pugliese: prima nessuno li conosceva e ora sono diventati cool. Qual è la causa secondo te? Quali sono gli elementi che fanno diventare un posto da sconosciuto a super gettonato?
Luigi Farrauto
Purtroppo Instagram, che ha creato questo feticcio della foto nel posto. Ci sono luoghi come Bali, per esempio, dove questa idea è estremizzata: quando vai nel tempio più importante ti danno un numerino per metterti in fila e fare quella foto fake, tutti uguali, sotto il tempio, con il riflesso in ciò che dovrebbe essere uno stagno ma in verità è uno specchio che il fotografo mette sotto l’iPhone per poter fotografare. Le persone si fanno le foto e a nessuno frega niente del tempio. Peraltro tutti postano la stessa foto, come se il mondo fosse soltanto uno sfondo. Leggevo addirittura che in Giappone, nel paesino in cui tutti vanno a fare quella foto del monte Fuji, hanno messo delle paratìe per evitare che la gente possa fare degli scatti fotografici. Questo è proprio un simbolo dell’età che stiamo vivendo.
Ma non è solo Instagram che attira ondate di turismo, sono anche gli altri media. Prendiamo la serie televisiva Game of Thrones, ambientata in parte a Dubrovnik, in Croazia. Ha generato una domanda enorme di viaggi e di oggetti legati alla serie, spingendo i cittadini locali ad aprire negozi dedicati esclusivamente a questo: dieci anni dopo, il fenomeno si è spento, e molti hanno dovuto chiudere. Per Atrani sarà la stessa cosa probabilmente, il turismo aumenterà proprio per andare a vedere le location della serie e scattare le foto.
Laura Cappon
A causa dei social, o per merito direi, è andata virale anche una guida della Lonely Planet scritta da te, o sbaglio?
Luigi Farrauto
Eh sì, perché quando un’immagine viene postata dall’hub giusto, anche un posto sconosciuto – Abruzzo e Molise sono due regioni poco note in Italia – all’improvviso diventa cool. Le critiche più grosse che ricevo dai lettori di Lonely Planet arrivano da chi mi dice che non avrei dovuto segnalare un determinato posto. Io credo, invece, che sia diritto di tutti goderne la bellezza. Semplicemente bisognerebbe andarci un po’ più in punta di piedi: anche nei luoghi più affollati, anche a Venezia durante il carnevale, si trova una calle dove non c’è nessuno, gli angoli diversi e autentici esisteranno sempre.
Francesco Maselli
Le compagnie low cost hanno dato un enorme impulso al turismo di massa: oggi che il loro modello di business è maturo, perché hanno conquistato quote di mercato e la barriera all’ingresso di nuovi concorrenti è molto alta, sta cambiando qualcosa? I prezzi più alti sono la nuova normalità?
Luigi Farrauto
Le low cost hanno creato questa smania di partire, dando però bassa qualità in tutto, incluso ovviamente nei salari di chi ci lavora, contribuendo anche loro a un meccanismo che ha molti lati oscuri. È vero, oggi le cose sono un po’ diverse, costa molto di più volare e quindi spero che si torni un po’ indietro, anche se non su tutto: la giungla dei voli a 9 euro probabilmente non tornerà, ed è sano, perché se un volo da Milano a Londra costa 9 euro c’è qualcuno che starà pagando per me e questo non lo trovo giusto. Detto questo, sto notando che alcune compagnie aeree, in particolare quelle del Golfo Persico, stanno abbassando i prezzi. Possono farlo perché sono statali e giocano in un campionato completamente diverso. Il mercato è molto cambiato.
Laura Cappon
Quando avvengono queste trasformazioni, il territorio guadagna, arrivano un sacco di soldi, questo è innegabile. Anche Maurizio De Giovanni, intervistato da Francesco in un numero della newsletter dedicata a Napoli, ha detto “Napoli ci guadagna”.
Francesco Maselli
Contestualizzo aggiungendo che De Giovanni diceva, riassumo: rifiuto completamente l’idea di chi dice che un territorio ci perde perché non è vero, io vedo quasi soltanto lati positivi.
Laura Cappon
Esatto, un po’ il contrario di quello che ci stai dicendo tu in questi minuti. Cosa perde un territorio quando arrivano così tanti turisti?
Luigi Farrauto
Ciò che a me non piace sono le premesse che portano al viaggio, a questo tipo di esperienze. A me fa piacere, come dicevo prima, quando consiglio un posto su Lonely Planet, sono contento se più persone possibili godranno di una determinata bellezza. Ci si perde in tranquillità, solo quello, si perde il silenzio, l’essere a tu per tu con un posto. Dal punto di vista degli abitanti invece sono d’accordo, i lati positivi sono tanti.
Francesco Maselli
Invece, rispetto a questo, quanto pensi siano utili oggi gli youtuber che trattano di viaggi? Sono le nuove guide che si affiancano al tuo mondo più tradizionale, quello delle Lonely Planet o delle altre grandi guide?
Luigi Farrauto
Per me quelli sono un po’ il male del mondo. Ne seguo, ascolto e guardo tanti, ma faccio veramente fatica a separare il personaggio dallo sfondo. Tendono sempre a cercare le imprese, ad andare in un posto senza pagare. È tutto legato alla performance, una caratteristica sempre più rilevante per i viaggi. Prima era qualcosa legato al mettersi in gioco, era quasi andare all’avventura; adesso, invece, uno viaggia perché sa esattamente quello che deve fare, quello che vorrà fotografare, i posti che vorrà vedere. Ho incontrato tanti influencer viaggiando, in particolare anche in Medio Oriente, spesso li motiva la ricerca di un contenuto, e una volta ottenuto, del paese non gliene frega niente. Non me ne vogliano tutti, non è una generalizzazione, ma credo che sia l’ennesima commercializzazione di qualcosa, che l’influencer di viaggi sponsorizza un paese come potrebbe sponsorizzare la Sacher o un vestito.
Laura Cappon
Tra l’altro in molti paesi del Medio Oriente gli influencer di viaggi sono utilizzati dai governi in maniera abbastanza importante anche per celare un po’ di problemi politici interni.
Francesco Maselli
Non me ne vogliate, ma io spesso ho seguito alcuni youtuber e li ho trovati molto competenti, pieni di informazioni utili, consigli e dritte. Peraltro a volte sono molto più aggiornati delle guide tradizionali, che hanno bisogno dei loro tempi tra editing, stampa, traduzioni e distribuzione. Insomma, non demonizziamo, c’è anche questo lato che secondo me va messo sul piatto.
Laura Cappon
Hai introdotto un tema interessante, la velocità e la freschezza di informazioni. Una guida ovviamente non può averle se paragonata a una persona che racconta un luogo sui social. Luigi, come funziona il tuo lavoro: cosa fai quando devi scrivere una guida? E come funziona, invece, il lavoro di un influencer?
Luigi Farrauto
Quello di un influencer non lo so, perché non l’ho mai fatto. La guida tradizionale, ahimè, invecchia molto presto, è vero, ma penso sia un prodotto costruito bene, che trova le cose che non invecchiano, quindi lo spirito del posto, i suoi monumenti, la sua cultura, le sue radici. Logicamente ti deve anche dire dove mangiare il kebab migliore e dove comprare l’artigianato autentico, e questo purtroppo può cambiare: pensate a Beirut, una città che ha subìto un’esplosione senza precedenti che ha raso al suolo un intero quartiere e ha sconvolto tutto il tessuto urbano.
Però, per esempio, da quando è nato TripAdvisor, le Lonely Planet non hanno diminuito le vendite, le hanno aumentate, e stanno cambiando graficamente, tendono a inserire meno ristoranti e locali concentrandosi su altro. Poi, certo, l’autore della guida ti dirà sempre qual è il ristorante migliore di Baghdad o quello più conosciuto. Insomma, i fondamentali vengono sempre messi, però non è più un elenco di luoghi, ma è più un elenco di esperienze, è il racconto della città. Sugli influencer credo che, principalmente, per quelle poche volte che ci ho collaborato, lavorino tutti in modo diverso. Però loro, per esempio, puntano prima su chi gli dà le cose gratis. Per esempio, questa estate in Cina ho visto alcuni hotel con la scritta NO INFLUENCER davanti all’ingresso, perché si erano un po’ rotti le scatole di avere persone che andavano a chiedere una notte gratis per poi raccontarla ai loro follower. Il loro approccio è diverso, devono andare in un posto in pochissimo tempo. Insomma, noi andiamo in un paese almeno un mese per poterlo raccontare, a volte loro vanno due giorni e raccontano “le tre cose migliori da fare”. Questo approccio non mi piace.
Laura Cappon
Oggi abbiamo scelto la parola “turismo”, e ti chiedo quindi che significato personale ha per te questo termine?
Luigi Farrauto
Il mio significato personale è l’origine del termine. I primi turisti della storia sono quelli che facevano il Grand Tour, il primo viaggio nel 1700-1800, quello che i figli dei ricchi borghesi e nobili europei organizzavano in Italia, in Grecia, nei grandi luoghi dell’antichità. Da lì è nato il turismo: quello per me è viaggiare. È legato al seguire le radici, andare un po’ indietro nel tempo. Per altri invece è provare i gusti, i sapori, dipende dalla propria personalità e dalla propria inclinazione. Io, per esempio, non sono un grande foodie, come si dice, non sono di quelli che in viaggio non vedono l’ora di assaggiare il cibo del luogo, sono più interessato all’architettura. Ecco, a me piace collegare il turismo al Grand Tour. È una cosa un po’ retrò, ma che secondo me pian piano riprenderà.
Francesco Maselli
Ringraziamo Luigi Farrauto per essere stato con noi.
Laura Cappon
Francesco, cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo numero di Campanili?
Francesco Maselli
Sono stato in un museo nel nord Italia, un museo molto importante soprattutto negli ultimi anni. Parlo del Vittoriale, l’ex residenza di Gabriele D’Annunzio, dove il Vate ha trascorso gli ultimi anni della sua vita. Ho parlato con il direttore Giordano Bruno Guerri ed è stato molto interessante vedere come un luogo, in realtà, abbia dietro dei grandi significati politici e culturali.
Laura Cappon
Grazie Francesco, alla prossima.
Francesco Maselli
Grazie a te.
Se hai dei suggerimenti su tematiche da affrontare e/o dritte di ogni tipo, scrivimi pure sui miei account social. Se vuoi informazioni sull’abbonamento scrivi a: info@nredizioni.it
Il tema è interessantissimo, ma sinceramente non mi è sembrato particolarmente interessante il contributo di Farrauto: prima elogia il Bhutan e l'obolo quotidiano, poi parla di "turismo democratico" quando -guarda caso- gli viene chiesto se è legittimo dare in pasto posti di nicchia ai turisti attraverso le guide.
Il fatto che il turismo piaccia agli abitanti è una semplificazione impropria; il territorio ne guadagna fino a un certo punto. Secondo me sarebbe stato molto più interessante intervistare qualcuno che subisce l'overtourism rispetto a chi lo facilita.